mercoledì 5 settembre 2012

Apriamo il blog con qualcosa di leggero....



Ho iniziato a gennaio ed ho da poco meno di un mese finito di leggere le 3 maggiori opere di J.R.R. Tolkien., "Il Silmarillion", "lo Hobbit" e "il Signore degli Anelli" e il postumo "I figli di Húrin" e il mio commento è semplicemente "WOW!!!!".

Diamine! Non trascenderò in noiose analisi del testo, né evidenzierò i temi principali dei quattro romanzi: sono queste cose che verranno fuori da se dopo la lettura delle opere, che consiglio vivamente a tutti.
Ciò che i romanzi in questione mi hanno trasmesso è stato innanzitutto un delirio di onnipotenza spropositato!
Perché?
Ci si chiede anche il  perché???
Andiamo con ordine. nel Silmarillion appare TUTTO: la creazione dell'Universo, la nascita di ciò che di bello c'è, il male più assoluto (ebbene si, Melkor-Morgoth fa sembrare il più noto Sauron un gattino bagnato) che riesce a sconvolgere persino la geografia dell'universo conosciuto, palazzi straordinari scavati nelle montagne brillanti di luci e di sapienza artigiana che avrebbero fatto invidia alle più maestose delle nostre cattedrali o dei nostri castelli, guerre grandiose in cui splendidi elfi e uomini coraggiosi si alleano in una lotta disperata, i nomi stessi dei luoghi e dei protagonisti sembrano trascinarti in un universo distantissimo eppure così vicino. Eru - Iluvatar crea il mondo e i Valar, che parlano con la musica, che si nasconde in tutto ciò che vive: nel fruscio del vento tra le foglie, nel volo di un uccello o della pioggia che cade Alla fine del libro mi è sembrato di dover salutare un caro amico :'), poiché in esso vi è qualcosa che si può paragonare all'innocenza di chi per la prima volta scopre il mondo e il suo splendore nascosto nelle cose più piccole, che ai nostri occhi frenetici di cittadini del 2012 sfuggono. Altro "dettaglio" fondamentale a parer mio è stato il genio di Tolkien nel creare  vere e proprie famiglie linguistiche per ogni razza, ognuna con la sua grammatica, la sua morfologia e la sua sintassi e in alcuni casi persino la propria letteratura. Credetemi se vi dico che leggendo quest'opera vi ritroverete in un altro mondo così simile eppure così diverso.
La storia dei figli di Húrin merita davvero un libro a parte. E' una storia molto triste, epica e allo stesso tempo travagliatissima in cui si mischiano inganni, incesti, draghi e torture psicologiche da far invidia alle ambientazioni più distopiche che si possano concepire. In pratica padre e figli sono i personaggi letterari con più sfiga in assoluto che io abbia mai incontrato e tutto perché Húrin non ha voluto dare il contentino al Signore Oscuro, il quale nel suo immenso sadismo decise che non solo lui, ma l'intera progenie e moglie al seguito avrebbe pagato l'affronto. I metodi con i quali Morgoth si sollazzò li lascio scoprire a voi. Il delirio di onnipotenza continua proprio a causa della figura di Túrin Turambar figlio di Húrin, e della sua disperazione più totale (e di disgrazie gliene sono capitate molte, eh!) che tuttavia non gli impedisce di essere "Turambar" (letteralmente "padrone del destino") fino alla fine dell'opera.
Queste due sono le opere meno conosciute dello scrittore, anche perché pubblicate postume ma a mio parere sono molto più belle ed intense delle altre due, più note.
Su Lo Hobbit  e sul Signore degli anelli rimane poco da informare, dato che entrambe le opere sono ben conosciute ai più grazie alle opere cinematografiche e videoludiche.
Ciò che più mi ha colpito de Lo Hobbit è stato lo sradicamento che questo povero esserino panciuto e pacioccone ha dovuto subire repentinamente, lui che era abituato alla vita semplice e tranquilla di chi fa sei o sette pasti al giorno e riempie per benino un panciotto dai bottoni d'ottone (o erano d'oro? Non ricordo!). Ma come si suol dire "la necessità aguzza l'ingegno" e il nostro piccolo mezzuomo pasciuto oltre a diminuire considerevolmente di peso (secondo gli standard di uno hobbit, eh!) si è trovato ad affrontare troll, orchetti, Gollum e i suoi indovinelli e infine niente poco di meno che il Drago Smaug, riuscendo a beffare tutti grazie alla millenaria arte della "o la va o la spacca" e una grossa dose di fortuna!
Non so se sia davvero così o se sia stato nelle intenzioni dell'autore, ma ho notato una profonda crescita in questo esserino allegro e spensierato all'inizio. La quest alla ricerca del tesoro di Erebor e lo scontro con Smaug, non è altro che una chiara metafora del suo cammino da pauroso abitante di un buco a una sorta di eroe e ciò sia per salvarsi la pelle che per guadagnarsi il rispetto dei compagni nani, i quali non avevano molta fiducia in lui all'inizio della storia. Scorgo inoltre un riferimento ed un rimando alla situazione storica che l'autore visse durante quegli anni: la Prima Guerra Mondiale, in occasione della quale anche il più sempliciotto dei contadini poteva rivelarsi un eroe, proprio com'è accaduto al nostro Bilbo.
Che dire infine sul Signore degli Anelli?
Il delirio di onnipotenza qui tocca vette indescrivibili, tra fughe rocambolesche da spettri viventi, foreste antiche come il mondo che risucchiano i poveri protagonisti in oscuri meandri, lo scontro tra i due Istari Saruman e Gandalf, paesaggi ostili nei quali la natura stessa (in realtà quel pessimo stratega di Sauron) sembra osteggiare i nostri eroi, la battaglia epocale contro il mostruoso sopravvissuto di un'altra era (Il Balrog), la marcia degli Ent e della Natura contro quella Tecnologia che rovina il mondo anzichè migliorarlo, la delicatezza del mondo di Lothlorien e di Gran Burrone, gli epici scontri degli Eorlingas di Rohan, la valle dei morti, la pazzia e gli inganni , il tutto in un turbinio di luoghi, azioni e personaggi senza che tuttavia ci si dimentichi dei due hobbit Frodo e Samvise, ai quali spettava la parte meno spettacolare nel romanzo, ma di certo la più importante: è da non dimenticare infatti, che l'Anello ebbe una volontà propria, in grado di irretire, indebolire e soggiogare. Chissà perché Tolkien scelse non un Elfo, non un Uomo, non un Nano ma tra tutti i popoli delle razze libere della Terra di Mezzo elesse un MEZZUOMO. Forse perché colui che è "uomo a metà" è riuscito ad incarnare nell'opera ciò che di buono hanno gli uomini, attutendone le imperfezioni e smussandone gli spigoli. Ma queste sono solo elucubrazioni personali. Ognuno dovrà farsi una propria opinione leggendo il volume.

Alla fine della lettura delle opere ho provato accanto al senso di onnipotenza (mi ripeto, scusatemi!) anche una grandissima nostalgia.
Nostalgia di grandi battaglie e grandi vittorie. Nostalgia di grandi spazi senza confini, certamente non privi di pericolo, ma che consentono di mettersi realmente alla prova nella costante ricerca di qualcosa di supremo. Nostalgia dell'epos. Del mito e del mitico: cose che al nostro tempo fatto di iper-velocità nel quale non si ha il tempo di pensare, mancano. Non abbiamo più il tempo di sognare e di narrare, di raccontare e di sperare. Non starò qui a sottolineare i vari rimandi religiosi e/o politici individuati dalla critica: ciò non mi interessa e non penso sia questa la sede per parlarne perché, come ho già detto e ridetto, ognuno di noi si formerà un'opinione propria leggendo.
Ed in ultimo, posto che una trasposizione cinematografica di un'opera del genere è veramente difficile, ci tengo a sottolineare che la versione cinematografica di Peter Jackson (non ho visto l'adattamento del 1978, ma provvederò) è ricca non solo di effetti speciali ma anche di strafalcioni che si potevano evitare.
Innanzitutto, che ne è di Tom Bombadil? Non so, ma l'idea di sostituirlo con l'eroico Aragorn a Tumulilande e di eliminare l'attraversamento della Vecchia Foresta mi è sembrata solo una trovata, tra l'altro mal riuscita della quale non sono riuscita ad individuarne lo scopo. E perché eliminare alla fine del terzo film la Battaglia di Lungacque? Che diamine, l'unica volta che sono gli hobbit ad avere un minimo di rilevanza tagliano tutto via???  E poi perché enfatizzare in quel modo il personaggio di Aragorn? Per non parlare del fatto di far passare Frodo come un ragazzino totalmente succube del potere dell'anello, ecc. ecc. ecc. .. Sono cose che sfuggono alla mia comprensione.
Ecco perché continuo a dirvi LEGGETE! Non c'è miglior sala cinematografica della nostra mente!
Al prossimo post.
Kantele

3 commenti:

  1. Ciau bedda! Come promesso, sebbene in due puntate :°D, ho letto questo post!
    Allora, sicuramente trasuda tanto entusiasmo post lettura/avventura e non ti nascondo di avermi reso più leggero, almeno a livello mentale, il ricordo del mio passato e fallito approccio con Tolkien.

    Sul discorso del mito, beh, posso dire soltanto che, fondamentalmente, non credo che nella realtà vissuta dai popoli e dalle società sia veramente cambiato qualcosa. L'epos stesso nasceva da fantasia, da suggestioni di tipo poetico che il mondo naturale (ancora abbastanza vivo e presente), insieme ad un sistema di credenze religiose già assodate e consolidate fornivano gratuitamente alla mente e alla mano di chi, oltre alla storia, voleva narrare di qualcosa di più grandioso, di più alto, di più memorabile.
    All'oggi l'attenzione non è più rivolta alle masse, a grandi sovrani di grandi popoli, ma si è ripiegata sui singoli individui e sulle multiformi interiorità, è cambiato il raggio d'osservazione e di ispirazione poetico/artistica.
    Ma gli uomini, nel quotidiano, credo continuino a vivere gli stessi drammi, le stesse incertezze, le stesse 'piccolezze' da secoli. :)

    Un saluto! ^_^

    RispondiElimina
  2. Spero, più che altro, di essere stata attinente, perché anche a me spesso viene da pensare che prima si avesse più tempo per stupirsi/pensare/sognare o che comunque si vivesse nel costante sentimento del meraviglioso/avventuroso, però so che fondamentalmente non è così.
    In realtà a noi viene tramandata la letterarietà, la poeticità di uomini che, dotati di una determinata sensibilità, ci hanno lasciato testimonianza del loro tempo.
    Ecco, spero di essermi espressa meglio adesso! :°D

    Ciau!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Alessia, i tuoi commenti mi fanno sempre un sacco piacere :)Innanzi tutto mi ha molto fatto riflettere la tua puntualizzazione sul cambio di focalizzazione e penso che tra poco ne uscirà un'altra delle mie considerazioni (fuggiteeeeh!). Ti eri espressa bene tranquilla, ho capito cosa intendi dire, io però rimango con la mia costante nostalgia di quel qualcosa di grande che manca e che la freneticità dei giorni nostri resti,secondo me, un grande male che ci affligge senza che noi stessi riusciamo a rendercene conto, qualcosa di subdolo e sottile a mio avviso dalla quale deriva il gran senso di vuoto che colpisce molti di noi(come sono meloTrammaticah!). Spero che il post ti sia comunque piaciuto :).
      Alla prossima ^^

      Elimina